Tecnologie e sistemi avanzati
DISPOSITIVI ELETTRONICI
Coordinato dal Politecnico di Milano, SWING è un progetto che ha l’obiettivo di rendere i chip di computer e smartphone più piccoli, veloci, flessibili e intelligenti
21.10.2017
Testo dell’articolo
Coordinato dal Politecnico di Milano, SWING utilizza “tam-SPL”, una innovativa tecnica sviluppata presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico per controllare le configurazioni di spin in un film di materiale magnetico, al fine di realizzare circuiti magnetici miniaturizzati da impiegare per elaborare l’informazione nei dispositivi elettronici.
Nei magneti permanenti, composti di materiale ferromagnetico, i momenti magnetici degli elettroni, cioè gli spin, sono prevalentemente allineati in una direzione, concorrendo così a creare la forza macroscopica che li tiene attaccati alle superfici metalliche. Gli spin elettronici non sono fissi, interagiscono infatti con l’ambiente circostante e reagiscono a stimoli esterni riorientandosi. Ciò fornisce la possibilità di manipolare la configurazione di spin all’interno di un materiale. I ricercatori del gruppo di nanomagnetismo del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano utilizzano la tecnica “tam-SPL” e con la scansione di una “penna ultrasottile” (la punta di un microscopio a forza atomica) su una sorta di “lavagna magnetica”, sono in grado di scrivere, cancellare e riscrivere a piacimento una configurazione di spin. Il tutto con una precisione spaziale migliaia di volte superiore allo spessore di un capello. Un materiale ferromagnetico è una sorta di “mare di spin”.
Se in questo mare si “getta” l’equivalente magnetico di una pietra, si generano delle perturbazioni dell’orientazione dello spin che si propagano come le onde nel mare. Esse prendono il nome di onde di spin, ed il loro uso potrebbe rivoluzionare la modalità di processare l’informazione in nuovi chips da usare in computer o smartphone. La prospettiva è quella di realizzare circuiti entro i quali confinare la propagazione delle onde di spin, controllarne le proprietà e permetterne l’interazione. Tutto ciò in modo molto simile all’ottica integrata, con la differenza che le onde di spin possono avere lunghezze d’onda inferiori a quelle della luce visibile e quindi permettere una più spinta miniaturizzazione.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 17 ottobre 2017
Per approfondimenti: Nanopatterning reconfigurable magnetic landscapes via thermally assisted scanning probe lithography – Nature Nanotechnology | 07.03.2016
Image credit: SWING/Politecnico di Milano
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TECNOLOGIE INDOSSABILI
GoldFinger, un’innovativa interfaccia uomo-macchina, è un sistema a forma di guanto concepito per semplificare la comunicazione di dati e comandi dall’utente alle macchine
24.01.2016
Testo dell’articolo
Questa applicazione è stata concepita per molteplici settori, ma principalmente essa si rivolge a quello industriale (per la gestione di impianti e macchine, ad esempio in quei casi in cui le norme di sicurezza prescrivono particolari gestioni degli spazi di lavoro), al settore medico (fornendo ad esempio al chirurgo un controller ergonomico che non altera i normali movimenti delle mani), e a quei settori legati alla realtà virtuale (per la simulazione di ambienti di lavoro, addestramento del personale, ecc.).
Rispetto ad altri dispositivi, il principale punto di innovazione di GoldFinger sta nella capacità di autoalimentarsi mediante la generazione di energia elettrica dal movimento delle dita, garantendo quindi un’autonomia di funzionamento molto maggiore e l’assenza di fili elettrici per l’alimentazione. La tecnologia wireless per la trasmissione dei comandi e l’integrazione di molti componenti hi-tech nel supporto tessile del guanto stesso, in modo che l’utilizzatore non ne percepisca la presenza, costituiscono ulteriori elementi innovativi di questo prototipo, come ad esempio i fili conduttivi inseriti all’interno della trama del tessuto, i trasduttori piezoelettrici ad elevata flessibilità e gli interruttori elettrici realizzati con il tessuto stesso anziché con i tradizionali componenti elettronici. Nel complesso GoldFinger è un’interfaccia uomo-macchina di concezione nuova, basata sulla conversione dell’energia biomeccanica del corpo, con cui l’utente può inviare i suoi comandi a svariati tipi di macchine e sistemi con il semplice movimento di una mano. Il software di tracciamento ottico, insieme all’interfaccia software sviluppata insieme al prototipo, consentono di interpretare i movimenti dell’utente e convertirli in comandi e istruzioni per il funzionamento degli impianti di cui è richiesto il controllo.
Testo redatto su fonte Politecnico di Torino del 18 dicembre 2015
Per approfondimenti: Optical HMI with biomechanical energy harvesters integrated in textile supports – Journal of Physics: Conference Series | 10.12.2015
Image credit: Politecnico di Torino/MIT
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DISPOSITIVI OTTICI
ENEA: realizzata una bussola solare elettronica capace di rilevare, grazie ad un innovativo sistema ottico, la direzione Nord-Sud con una precisione di 1/100 di grado
13.10.2015
Testo dell’articolo
Descritta su Optics Letters nell’articolo “Electro-optical sun compass with a very high degree of accuracy“, un team di ricercatori dell’ENEA ha sviluppato una bussola solare elettronica compatta ed automatica, in grado di funzionare in ogni luogo della Terra, ed anche su altri pianeti. Il dispositivo si caratterizza per l’elevata accuratezza rispetto alle tecnologie a GPS e alle versioni magnetiche (la direzione Nord-Sud è fornita con una precisione di 1/100 di grado), velocità di misura (il risultato viene fornito in meno di un minuto) e semplicità di funzionamento, oltre ad un costo di produzione estremamente ridotto.
Nello specifico, la bussola solare è costituita dai seguenti principali componenti:
– un contenitore in cui è collocato un sensore CCD (Charge-Coupled Device) chiuso da un coperchio su cui è praticata una apertura di dimensioni opportune e a distanza opportuna dal sensore CCD, in grado di ruotare intorno ad un asse verticale;
– un puntatore ottico cannocchiale eventualmente abbinato ad un puntatore laser, in grado di ruotare intorno ad un asse verticale;
– un goniometro preferibilmente, ma non necessariamente, digitale che misura la rotazione del contenitore con il sensore rispetto al puntatore;
– un rilevatore GPS che acquisisce le coordinate locali e l’ora di Greenwich;
– un microprocessore che riceve in input i dati del sensore, del GPS e del goniometro, li elabora attraverso un opportuno software e fornisce la direzione su un display di puntamento del cannocchiale;
– un piccolo pannello fotovoltaico per alimentare l’elettronica del dispositivo.
Le principali caratteristiche innovative dell’invenzione sono le seguenti:
– una maggiore precisione della misura, dovuta prevalentemente all’ingegnerizzazione ottica del dispositivo;
– la determinazione della posizione del sole calcolata per via elettronica nel tempo reale della misura con un algoritmo innovativo, con risoluzione quindi analitica istantanea delle leggi di Keplero.
I campi di applicazione del dispositivo sono molteplici: dal rilevamento topografico al controllo della stabilità geologica, dalla delimitazione dei confini di campi coltivati all’installazione di radar aeroportuali fino alla calibrazione di bussole magnetiche o elettroniche. Attualmente la bussola solare viene utilizzata negli impianti solari a concentrazione (termodinamici e fotovoltaici) poiché riesce a rilevare periodicamente l’orientamento degli assi di rotazione degli specchi che concentrano la luce del sole e contemporaneamente a pilotare i motori, in modo da orientare gli specchi verso la luce con la precisione richiesta.
Come anticipato, la bussola ENEA può funzionare anche su altri pianeti del sistema solare, sostituendo il GPS con un orologio interno e modificando i parametri del software che calcola la direzione di puntamento rispetto alla posizione del sole.
Sebbene lo strumento abbia bisogno del sole per funzionare, ha tuttavia dimostrato un’ottima performance anche durante l’eclissi solare dello scorso 20 marzo. Le misure sperimentali effettuate in quell’occasione mostrano che quando metà del disco solare è oscurato, la precisione della bussola passa da 1 a 8 centesimi di grado, comunque sempre decisamente migliore rispetto a qualsiasi altro metodo di orientamento (GPS multipli esclusi).
Testo redatto su fonte ENEA del 24 settembre 2015
Per approfondimenti: Electro-optical sun compass with a very high degree of accuracy – Optics Letters | 01.08.2015
Image credit: Centro Ricerche Frascati/ENEA
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DISPOSITIVI OPTOELETTRONICI
Dispositivi ultraveloci e ad alta efficienza energetica, basati su effetti di superficie, consentiranno una trasmissione dati tra microprocessori ad elevatissima capacità
20.09.2015
Testo dell’articolo
Ricercatori del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano (PoliMI) hanno scoperto cosa succede sulla superficie di una guida ottica di silicio in presenza di luce. Il passaggio dei fotoni crea un elevatissimo numero di cariche elettriche sulla superficie, in misura cento volte maggiore di quanto avvenga all’interno della guida stessa. Una sorta di pellicola metallica estremamente sottile (pochi atomi) ad altissima conducibilità che avvolge tutta la guida modificandone sensibilmente le caratteristiche ottiche ed elettriche. In sostanza, sulla superficie il silicio non si comporta più da semiconduttore, ma diventa quasi metallico. Il fenomeno è estremamente rapido ed efficiente: le cariche superficiali si generano istantaneamente per effetto della radiazione luminosa e spariscono rapidamente in assenza di questa, consentendo un controllo ultraveloce delle proprietà del materiale attraverso impulsi ottici di bassa intensità.
Descritto su Nature Communications nell’articolo “Light-induced metal-like surface of silicon photonic waveguides”, lo studio apre nuovi scenari per la realizzazione di dispositivi optoelettronici di nuova generazione, sempre più piccoli, veloci e a basso consumo energetico. Questa scoperta, quindi, non solo costituisce un notevole passo avanti nella comprensione dei fenomeni di interazione luce-materia su scala nanometrica, ma può essere sfruttata per sviluppare dispositivi di nuova concezione basati su effetti di superficie, come rivelatori ottici ultraveloci e trasmettitori ad elevatissima efficienza energetica, elementi fondamentali per consentire trasmissione dati ad elevatissima capacità tra microprocessori nei computer di futura generazione.
Sviluppata al Photonic Devices Lab del PoliFAB, il nuovo centro di micro e nanotecnologie del Politecnico di Milano, la ricerca è stata condotta nell’ambito del BBOI (Breaking the Barriers of Optical Integration), il progetto europeo, coordinato dal Politecnico di Milano, che ha tra i suoi principali obiettivi quello di creare le condizioni per favorire lo sviluppo e l’integrazione delle tecnologie fotoniche.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 15 settembre 2015
Per approfondimenti: Light-induced metal-like surface of silicon photonic waveguides – Nature Communications | 11.09.2015
Photonic Devices Lab: photonics.deib.polimi.it – PoliFAB: www.polifab.polimi.it – Progetto BBOI: www.bboi.eu
Image credit: Photonic Devices Lab/PoliFAB/DEIB/PoliMI
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CIRCUITI CALORITRONICI
Un dispositivo in grado far fluire le correnti di calore in una sola direzione apre la strada a potenziali circuiti elettronici alimentati dal calore anziché dalla corrente elettrica
05.04.2015
Testo dell’articolo
Ora un simile effetto è stato ottenuto, a basse temperature, in un dispositivo basato su metalli e superconduttori, nei laboratori NEST (National Enterprise for nanoScience and nanotechnology) di CNR-Nano e SNS. “A temperature prossime allo zero assoluto, circa -273°C, il calore è trasmesso principalmente dagli elettroni anziché dalle vibrazioni del reticolo cristallino e quindi ‘governando’ gli elettroni si può controllare il flusso di calore”, spiega Giazotto. “È quanto siamo riusciti a fare nel nostro circuito, in cui le correnti di calore scorrono preferenzialmente in un verso, ottenendo così un diodo termico, così chiamato in analogia al diodo elettrico dove la corrente viaggia ‘a senso unico’”.
Il cuore del diodo è composto da un elettrodo di materiale superconduttore combinato con un metallo che agisce come ‘via di fuga’ termica. “A temperature criogeniche, il dispositivo trasmette calore quando una delle sue estremità viene scaldata, mentre disperde la maggior parte dell’energia termica attraverso la via di fuga quando è scaldato l’estremo opposto”, continua il ricercatore di CNR-Nano. “Le misure mostrano che la corrente in un senso è 100 volte superiore a quella che fluisce in senso opposto: un’efficienza elevata, considerato che fino ad oggi il valore massimo era circa 1.4, ottenuto in sistemi di altro tipo a temperature maggiori”.
Il risultato si aggiunge ai precedenti ottenuti dal gruppo di ‘Caloritronica coerente’ guidato da Giazotto, che conclude: “Il diodo termico è il primo mattone per creare circuiti caloritronici, l’equivalente termico dei circuiti logici elettronici, in cui l’informazione viene scambiata attraverso trasferimenti di calore invece che da segnali elettrici”.
Testo redatto su fonte CNR del 3 aprile 2015
Per approfondimenti: Rectification of electronic heat current by a hybrid thermal diode – Nature Nanotechnology | 23.02.2015
Image credit: CNR-Nano
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GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEM
Un’applicazione GIS del POLIMI consente di creare un mondo virtuale in 3D con dati geospaziali personali e vince il primo premio del NASA World Wind Europa Challenge
19.07.2014
Testo dell’articolo
Policrowd 2.0. The Social World Wind Platform è una applicazione GIS (Geographic Information System) che consente a chiunque, dotato di smartphone o di altri dispositivi mobile a sensori multipli (ad es. fotocamera e rilevatore GPS), di diventare fornitore di informazioni geografiche e contribuire a modificare o ampliare la mappatura di un mondo virtuale in 3D con dati geospaziali personali. Dopo la prima fase di prototipo, orientata al turismo e alla mappatura dei luoghi culturali di interesse, il client è stato completamente riprogettato e riscritto per la versione 2.0, utilizzando una nuova interfaccia grafica semplice e intuitiva, che consente agli utenti di creare, compilare, personalizzare e condividere progetti relativi ad uno o più specifici temi (ambiente, società, educazione, cultura, ricerca scientifica, ecc) integrati e visualizzabili simultaneamente.
Policrowd 2.0 è un progetto interdisciplinare sviluppato da Luca Poddigue e Andrés Quiñones studenti dei corsi di laurea magistrale in Ingegneria Informatica e in Environmental and Geomatic Engineering. Il progetto è stato sviluppato con il supporto fondamentale del Dott. Giorgio Zamboni, uno dei massimi esperti mondiali di questa tecnologia della NASA.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 17 luglio 2014
Per approfondimenti: eurochallenge.como.polimi.it , geomobile.como.polimi.it
Image credit: Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Como
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OPTOELETTRONICA
Politecnico di Milano e CNR hanno sviluppato la “cella fotovoltaica di spin”, un rivoluzionario dispositivo capace di svolgere molte più funzioni degli odierni transistor
24.06.2014
Testo dell’articolo
Lo spin è una proprietà fondamentale degli elettroni, prevista dalla fisica quantistica. Questa particolare caratteristica prevede che un elettrone si comporti come un minuscolo ago magnetico, che può avere due diverse configurazioni: quella in cui il “polo nord” punta verso l’alto è chiamata “spin-up”, mentre nel caso contrario è detta “spin-down”. A differenza di una comune cella fotovoltaica, che utilizza la luce per separare le cariche positive e negative all’interno di materiali semiconduttori quali il silicio e il germanio e produrre correnti elettriche, la cella fotovoltaica di spin è in grado di separare le cariche unicamente in base alla configurazione del loro spin (“up” o “down”).
Grazie a questa generazione di spin sarà possibile alimentare nuovi dispositivi nei quali verranno sfruttate sia le proprietà elettroniche sia le proprietà magnetiche delle singole cariche e che saranno quindi capaci di svolgere molte più funzioni degli odierni transistor. Si aprono così le porte ad una nuova era in cui luce, cariche elettroniche e spin potranno interagire in particolari circuiti opto-spintronici.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 23 giugno 2014
Per approfondimenti: Spin voltage generation through optical excitation of complementary spin populations – Nature Materials | 22.06.2014
Image credit: Nature Materials (2014) DOI: 10.1038/nmat4015
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NANOELETTRONICA
Una ricerca italo-finlandese ha dimostrato che è possibile indurre l’auto-assemblaggio molecolare, senza stimoli esterni, passando dai nanometri ai millimetri
06.06.2014
Testo dell’articolo
“Abbiamo utilizzato una nuova interazione intermolecolare, il legame ad alogeno, scoperta presso il Dipartimento di Chimica del Politecnico di Milano, per assemblare reversibilmente un polimero con una molecola fluorurata in una sorta di Lego molecolare – spiega Pierangelo Metrangolo, uno degli autori dello studio per l’Ateneo milanese insieme a Giuseppe Resnati e a Valentina Dichiarante – L’aggregato supramolecolare che si viene così a formare si auto-organizza poi spontaneamente in una struttura lamellare nanometrica (10 nm) che sorprendentemente si estende per millimetri. Ciò ha consentito di “scrivere” su una larga superficie, ed in maniera molto precisa, una struttura a lamelle nanometriche attraverso un semplice processo “bottom-up” di auto-organizzazione molecolare che siamo stati in grado di indurre e guidare”.
L’auto-assemblaggio molecolare, concetto mutuato dalla Natura, porta all’organizzazione spontanea delle molecole in strutture sopramolecolari più complesse e funzionali. La ricetta è “codificata” nella struttura chimica stessa delle molecole auto-assemblanti. L’auto-assemblaggio molecolare è stato finora utilizzato per il “templating” (modellazione) di dispositivi funzionali, fili molecolari, elementi di memoria… ma solitamente richiede passaggi di lavorazione aggiuntivi per ottenere un allineamento esteso delle strutture. Ora si è scoperto che, ingegnerizzando elementi di riconoscimento intermolecolare tra polimeri e piccole molecole fluorurate, è possibile promuoverne lo spontaneo assemblaggio da nm a mm, grazie a un attento utilizzo delle interazioni non covalenti. Dopo la lavorazione, si può scegliere di rimuovere le molecole fluorurate mediante trattamento termico, mantenendo però la nanostruttura del polimero.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 5 giugno 2014
Per approfondimenti: Halogen-bonded mesogens direct polymer self-assemblies up to millimetre length scale – Nature Communications | 04.06.2014
Image credit: Nature Communications (2014) DOI: 10.1038/ncomms5043
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MEMORIE DIGITALI
Studiato un meccanismo che apre la strada a una nuova generazione di dispositivi con un consumo energetico di oltre mille volte inferiore rispetto a quello attuale
19.04.2014
Testo dell’articolo
“L’immagazzinamento dell’informazione nei sistemi di memoria, come i dischi rigidi dei computer – spiega Piero Torelli, fisico dell’Istituto Officina dei Materiali (IOM) del CNR di Trieste e fra gli autori del paper – viene ancor oggi effettuata tramite un piccolo elettromagnete che magnetizza la superficie del disco: un processo lungo, energeticamente costoso e che non permette elevata miniaturizzazione. Indurre questa magnetizzazione attraverso un campo elettrico darebbe enormi vantaggi, permettendo di superare le attuali limitazioni, diminuendo il consumo energetico di un fattore mille e realizzando uno dei sogni della comunità scientifica e di chi cerca nuove soluzioni tecnologiche per l’elettronica moderna”.
Con questo esperimento il gruppo di ricerca ha ottenuto proprio un sistema in cui la magnetizzazione può essere spenta o accesa in risposta all’applicazione di un campo elettrico, in modo reversibile e a temperatura ambiente. “Il sistema che abbiamo studiato – continua Torelli – è costituito da due strati di materiale facilmente reperibile e poco costoso: uno di ferro e uno di ossido di bario e di titanio, che una volta sovrapposti reagiscono formando un sottilissimo ossido di ferro nella zona di interfaccia. Sottoponendo il campione a un’analisi spettroscopica con la luce di sincrotrone di Elettra siamo riusciti a seguire le proprietà di ciascuno strato, verificando come il grado di magnetizzazione all’interfaccia variasse in base al campo elettrico applicato sullo strato di ossido, in modo controllabile e reversibile”.
Il successo dell’esperimento conferma che l’abbinamento di materiali con proprietà ferroelettriche e ferromagnetiche in strati contigui rappresenta una via promettente verso il controllo elettrico della magnetizzazione e apre la strada a una nuova generazione di dispositivi di memoria. Un’elettronica moderna capace di riunire i vantaggi della ferroelettricità (basso costo di scrittura delle informazioni) e quelli del magnetismo (durata dell’informazione immagazzinata).
Testo redatto su fonte CNR del 17 aprile 2014
Per approfondimenti: Electric control of magnetism at the Fe/BaTiO3 interface – Nature Communications | 03.03.2014
Image credit: Nature Communications (2014) DOI: 10.1038/ncomms4404
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Ricercatori del Politecnico di Milano sviluppano CLIPP, il primo “osservatore di luce” non invasivo: può misurare l’intensità luminosa senza assorbire alcun fotone
17.04.2014
Testo dell’articolo
Descritta su IEEE Journal of Selected Topics in Quantum Electronics in “Non-Invasive On-Chip Light Observation by Contactless Waveguide Conductivity Monitoring“, questa ricerca apre molteplici scenari, perché aumenta le nostre capacità di manipolare i segnali luminosi e sfruttarne appieno le potenzialità e allo stesso tempo compie un grande passo verso la penetrazione delle tecnologie fotoniche nella vita di tutti i giorni. In un futuro non lontano avremo a disposizione biosensori ultrasensibili, data center ad elevatissima capacità, computer ottici. Si avvicina la possibilità di realizzare biochip fotonici in grado di ospitare su un’area di pochi mm2 centinaia di sensori per analisi simultanee, veloci e a basso costo in campo medico (analisi delle mutazioni del DNA, rilevazione di agenti patogeni…), della sicurezza delle persone (agenti chimici e batteriologici, gas tossici…) e del settore agroalimentare. In sostanza, dei veri e propri laboratori miniaturizzati su un singolo chip.
Nel settore dell’informazione, questa invenzione contribuirà alla realizzazione di sistemi di interconnessione ottica ad altissima capacità, oggi considerati la soluzione più promettente per una crescita sostenibile del traffico dati, destinato a scontrarsi con il continuo aumento di consumo di energia dei sistemi tradizionali di connessione elettrica. Sono in molti a scommettere che il futuro delle comunicazioni tra banche dati, server, schede elettroniche e perfino processori è nei fotoni. Ma per fare tutto questo in modo efficiente, serve poter osservare i fotoni senza distruggerli, per non distruggere anche l’informazione. Oggi sappiamo come fare.
L’invenzione è stata ideata, realizzata e brevettata da Francesco Morichetti e Marco Carminati due giovani assegnisti del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano, che sotto la guida dei Proff. Andrea Melloni e Marco Sampietro, operano nell’ambito del progetto europeo BBOI (Breaking the Barriers of Optical Integrations, www.bboi.eu). Il progetto ha come obiettivo quello di creare le condizioni per una crescita esplosiva e pervasiva delle tecnologie fotoniche, analogamente a quanto accaduto per i dispositivi elettronici.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 16 aprile 2014
Per approfondimenti: Non-Invasive On-Chip Light Observation by Contactless Waveguide Conductivity Monitoring – IEEE Journal of Selected Topics in Quantum Electronics | 14.01.2014
Image credit: Politecnico di Milano
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SISTEMI DI TELERILEVAMENTO
Completata la sperimentazione di un radar multifrequenza per “vedere in 3D”: grazie alla “banda P”, il sistema è dotato di sensori con elevate capacità “penetrative”
12.04.2014
Testo dell’articolo
“Il sistema, che opera in ‘banda P’ (frequenze inferiori a 1 GHz) e in particolare nelle bande VHF e UHF, è costituito da un sensore ‘sounder’ e da due sensori ‘imager’, operanti rispettivamente alle frequenze di 150, 450 e 900 MHz, più basse rispetto alle ‘classiche’ bande L, C ed X. Grazie a ciò, il radar realizzato permette di acquisire informazioni attraverso la vegetazione e, in molti casi, anche sullo strato sub-superficiale dell’area investigata”, spiega Gianfranco Fornaro dell’IREA-CNR, che con Francesco Soldovieri ha coordinato l’elaborazione dei dati dei due sensori.
Per questa sua capacità ‘penetrativa’ il sistema – di proprietà dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), realizzato dal CORISTA (COnsorzio di RIcerca su Sistemi di Telesensori Avanzati) e sperimentato in collaborazione con l’IREA-CNR, il Politecnico di Milano, l’Università di Trento e l’Aeronautica Militare – presenta interessanti ricadute in ambito scientifico e applicativo. Rende possibile l’esplorazione planetaria e della Terra, la comprensione delle dinamiche di ecosistema, lo studio dello spessore dei ghiacci e apre prospettive interessanti nell’ambito dell’individuazione di installazioni nascoste nel sottosuolo, intenzionalmente o per cause naturali, dalle installazioni militari ai reperti archeologici.
“Evidente quindi l’interesse verso il potenziale offerto dalla banda P della Difesa, che tramite i velivoli messi a disposizione dal Centro Sperimentale di Volo (CSV) dell’Aeronautica Militare ha permesso di effettuare la sperimentazione del radar attraverso due campagne di volo, finalizzate a investigare lo spettro applicativo di tali frequenze nell’analisi di aree terrestri”, aggiunge Soldovieri.
In particolare, l’IREA-CNR ha elaborato i dati necessari a fornire al radar la capacità di discriminare gli oggetti al suolo con dettaglio paragonabile a quello dell’occhio umano, grazie a complesse operazioni di trattamento del segnale tra cui la compensazione degli errori di moto dell’elicottero su cui è stata installata la strumentazione. “La capacità dei radar in banda P di vedere in 3D anche attraverso la vegetazione o nel sottosuolo”, conclude Riccardo Lanari, Direttore IREA-CNR, “assume risvolti rilevanti per la sicurezza, il monitoraggio di foreste, l’archeologia, la geologia e la stima di biomasse, umidità dei suoli e ghiacciai”.
Testo redatto su fonte CNR del 10 aprile 2014
Image credit: CNR
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SISTEMI DI SORVEGLIANZA RADAR
Radar digitale fotonico: risultato di una ricerca tutta italiana, l’avanzatissima e rivoluzionaria tecnologia ottiene un importante riconoscimento sulla rivista “Nature”
21.03.2014
Testo dell’articolo
Rispetto a un radar di tipo convenzionale, quello dal “cuore” fotonico permette migliori prestazioni, garantisce più di una funzionalità, risulta meno intercettabile, è più piccolo e può anche garantire la capacità di assolvere a compiti di comunicazione. Il nuovo radar è stato già testato all’aeroporto di Pisa e al porto di Livorno, grazie alla collaborazione attivata con l’Aeronautica militare di Pisa, con la Direzione sviluppo e innovazione dell’Autorità portuale, con la Capitaneria di porto e con l’istituto “Vallauri” dell’Accademia navale di Livorno. Nature ha voluto riconoscere ai risultati del team guidato da Antonella Bogoni il valore di “approccio rivoluzionario con l’introduzione della fotonica nei sistemi radar” e di “traguardo all’avanguardia scientifica per le prestazioni ottenute sia come sistema di sorveglianza, sia come sistema di comunicazione radio”, in quanto il “radar fotonico” è in grado di assolvere anche a una funzionalità di comunicazione ad altissima velocità, utilizzabile in maniera simultanea con la funzionalità radar. Nature ha voluto mettere in evidenza come il progetto PHODIR costituisca un raro esempio di interdisciplinarità, per aver dimostrato come l’uso della fotonica non debba essere limitato ai campi di applicazione più consueti ma può portare benefici ad altri settori, ponendosi al servizio della scienza. La pubblicazione su Nature in “A fully photonics-based coherent radar system” arriva dopo molteplici riconoscimenti a livello internazionale, i numerosi inviti a presentare i risultati alle più prestigiose conferenze mondiali e numerose pubblicazioni su riviste di settore.
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna del 19 marzo 2014
Per approfondimenti: A fully photonics-based coherent radar system – Nature | 19.03.2014
Sito web del progetto PHODIR: www.phodir.eu
Image credit: CNIT/Scuola Superiore Sant’Anna
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TECNOLOGIE PER LA RICERCA
SISSA: il nuovo “Laboratorio di Meccatronica” permetterà ai ricercatori di progettare e realizzare i setup sperimentali e i macchinari per la ricerca in totale autonomia
18.12.2013
Testo dell’articolo
L’attività del laboratorio, diretto da Mathew Diamond, neuroscienziato e coordinatore dell’Area di Neuroscienze della SISSA, unisce i campi della meccanica, elettronica e informatica e sarà di supporto a tutta l’attività di ricerca della SISSA di Trieste, un esempio quasi, unico in Italia fra gli istituti di ricerca scientifica. “Molti esperimenti condotti dai nostri ricercatori necessitano di setup sperimentali progettati nel dettaglio e controllati elettronicamente con estrema precisione” spiega Fabrizio Manzino, responsabile dello sviluppo software del laboratorio. “Gli scienziati vengono da noi e iniziamo a lavorare insieme sul progetto dell’esperimento fino ad arrivare alla realizzazione fisica del macchinario, in tutte le sue parti.” Un lavoro che da oggi sarà più creativo: “Questa nuova macchina stampa ad altissima risoluzione – 16 micron – e ci permette di creare oggetti molto complessi, anche con parti mobili all’interno, in un unico processo, impossibile con i metodi tradizionali”.
Spiega Erik Zorzin, responsabile della parte elettronica. Prima dell’arrivo della stampante 3D, infatti, la realizzazione delle parti meccaniche era un processo molto complicato “e costoso, anche”, aggiunge Manzino. “Dovevamo fare calchi in maniera non del tutto precisa e procedere per approssimazioni. Spesso non si poteva costruire tutto l’oggetto insieme, ma bisognava modellare le parti e poi assemblarlo”. Il laboratorio ha altri macchinari importanti, per esempio una “fresa a controllo numerico” per “stampare” i circuiti elettronici fondamentali per il controllo dei dispositivi “meccatronici”, ma anche per incidere altri oggetti metallici. Fondamentale nel laboratorio è anche tutta la parte software, sia per la progettazione (CAM–‐CAD) sia per il controllo della prestazione dei setup sperimentali.
“Il nuovo laboratorio, che verrà man mano arricchito con altre macchine, apre importanti possibilità per la ricerca alla SISSA. Prima dovevamo adattare gli esperimenti alla tecnologia disponibile, invece ora possiamo adattare la tecnologia agli esperimenti, quindi agli scopi della ricerca” spiega Zorzin. La SISSA potrà inoltre offrire corsi di formazione per i software specifici che si utilizzano per questo tipo di attività: “abbiamo la certificazione LabVIEW Academy, siamo fra i pochi, circa una decina, in Italia a possederla” spiega Manzino.
Fra i progetti più creativi nell’agenda del laboratorio vi è una collaborazione con il nuovissimo laboratorio SAMBA (Sensing and Moving Bioinspired Artifacts) della SISSA: si costruiranno per esempio dei piccoli robot che si muovono in ambiente acquatico. Si tratta della realizzazione pratica degli studi condotti da Antonio De Simone e i suoi collaboratori. Per ora i microrobot biospirati (imitano il movimento di organismi acquatici unicellulari) di De Simone infatti esistono solo in forma virtuale (come simulazione al computer), ma presto diventeranno una realtà da toccare con mano.
Testo redatto su fonte SISSA del 18 dicembre 2013
Image credit: SISSA
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RIERCA E INNOVAZIONE
Per una crescita intelligente e sostenibile l’UE promuove la Ricerca e l’Innovazione finanziando “Horizon 2020”, il nuovo Programma Quadro da 80 miliardi di euro
08.12.2013
Testo dell’articolo
“Horizon 2020” si pone l’obiettivo di affrontare direttamente le principali sfide sociali e le iniziative faro identificate nella Strategia Europa 2020, che ha individuato la ricerca e l’innovazione quali elementi centrali per perseguire gli obiettivi di una crescita sostenibile, intelligente e solidale. L’Unione ha in particolare l’obiettivo di rafforzare e sostenere le sue basi scientifiche e tecnologiche, conseguendo uno Spazio Europeo della Ricerca in cui i ricercatori, la conoscenza e la tecnologia possano circolare liberamente per produrre maggiore competitività. Nella nuova programmazione sarà data in effetti priorità a quelle aree e a quei progetti in cui la sovvenzione europea e la cooperazione offriranno un valore aggiunto.
Il nuovo programma “Horizon 2020” sarà centrato su tre obiettivi strategici (Excellent science, Industrial leadership, Societal challenges) a sostegno dell’intero spettro di attività di ricerca, sviluppo tecnologico, dimostrazione e innovazione, compresa la diffusione e l’ottimizzazione dei risultati:
EXCELLENT SCIENCE– Rafforzare l’eccellenza UE in campo scientifico a livello mondiale
Tale programma ha lo scopo di rafforzare e aumentare l’eccellenza della UE in campo scientifico e di consolidare l’Area di Ricerca Europea per rendere il sistema europeo di ricerca e innovazione maggiormente competitivo su scala globale.
INDUSTRIAL LEADERSHIP – Creare una leadership industriale, rafforzandone la competitività, sostenere l’innovazione e le industrie, comprese le PMI
Questo programma ha lo scopo di accelerare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione alla base del business futuro e aiuterà le più innovative SME europee a trasformarsi in compagnie leader a livello mondiale. Inoltre sia le attività di accesso al credito che all’innovazione seguiranno una logica bottom-up e on-demand senza la predeterminazione delle priorità; mentre l’attività di leadership per l’avanzamento e per le tecnologie industriali seguirà un approccio guidato dalle tecnologie per uno sviluppo in aree dalle molteplici applicazioni nel settore industriale e dei servizi.
SOCIETAL CHALLENGES – Rispondere alle sfide identificate dalla strategia Europa 2020
Questo programma risponde direttamente alle priorità politiche identificate nella Strategia Europa 2020 e ha l’obiettivo di stimolare la massa critica degli sforzi di ricerca e innovazione per la realizzazione degli scopi politici della UE.
In particolare, nell’ambito delle TECNOLOGIE PER LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE (ICT), l’obiettivo di “Horizon 2020” è quello di permettere all’Europa di sviluppare e sfruttare le opportunità fornite dal progresso nelle ICT a beneficio dei cittadini, delle imprese e delle comunità scientifiche. In particolare tra le linee di attività prospettate rientrano:
– una nuova generazione di componenti e sistemi;
– calcolatori di ultima generazione;
– internet nel futuro;
– l’uso di ICT per processi creativi e per contenuti digitali;
– interfaccia avanzate e robotica.
Per approfondimenti: ec.europa.eu/programmes/horizon2020
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TECNOLOGIE FOTONICHE
Radar fotonico: sviluppato nell’ambito del progetto PHODIR, garantirà maggiore sicurezza usando segnali di potenza inferiore rispetto a quella di un telefono cellulare
06.12.2013
Testo dell’articolo
Il progetto, condotto dal team dei ricercatori CNIT dei Laboratori Nazionali di Reti Fotoniche (LNRF) e di Radar e Sistemi di Sorveglianza (RASS) e della Scuola Superiore Sant’Anna, ha permesso la realizzazione di una nuova generazione di radar digitali basati sulla fotonica, l’individuazione delle loro proprietà e del design, sfruttando la luce per generare e per rilevare segnali di frequenze radio, offrendo così prestazioni migliori delle tecnologie oggi in uso. Il team guidato da Antonella Bogoni ha testato in questi mesi il radar fotonico per verificarne le prestazioni in uno scenario reale. Il prototipo, sviluppato grazie ai contributi della Comunità europea, ha monitorato il traffico aereo dell’aeroporto “Galileo Galilei” ed il traffico navale del porto di Livorno, grazie alla collaborazione dell’aeronautica militare di Pisa, 46° Brigata Aerea, dell’Autorità Portuale di Livorno – Direzione Sviluppo e Innovazione e della Capitaneria di Porto che hanno reso possibile l’utilizzo il radar “in situ” per alcune settimane, verificandone le prestazioni. In particolare, i dati ufficiali forniti dall’aeronautica militare hanno consentito di effettuare un controllo incrociato con i dati misurati e rielaborati dal radar fotonico per verificare la precisione del nuovo dispositivo.
Durante il workshop di venerdì 6 dicembre, anche alla presenza di rappresentanti dell’European Research Council, i risultati saranno presentati alle aziende del settore, potenzialmente interessate allo sviluppo della tecnologia dei radar fotonici e alle autorità coinvolte nella sperimentazione. Come presenze di rilievo all’evento si segnalano oltre venti aziende di settore, insieme ad enti quali l’European Spatial Agency (ESA), l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Ente Nazionale di Assistenza al Volo (ENAV), le autorità militari.
Il radar sviluppato nel progetto PHODIR utilizza un laser che produce impulsi di luce brevissimi, dieci miliardi di volte più brevi di un secondo, con una stabilità molto superiore se paragonata con quella offerta dagli apparati elettronici. Il laser permetterà di generare segnali radar a radio frequenza di altissima qualità e a frequenze più alte, flessibili e anche in multifrequenza, con maggiore precisione, addirittura in presenza di condizioni atmosferiche ostili. Il dispositivo non creerà alcuna interferenza, utilizzerà segnali con potenza inferiore in confronto a quella trasmessa da un normale telefono cellulare, e senza produrre inquinamenti elettromagnetici. Il radar fotonico è in grado di rilevare oggetti con una risoluzione maggiore utilizzando antenne più piccole, facilitando in questo modo lo sviluppo di dispositivi portatili per la sicurezza delle persone. Inoltre il radar fotonico può compiere simultaneamente varie operazioni: dal monitoraggio ambientale al controllo di traffici eterogenei – aerei e terrestre – e all’integrazione di funzioni di comunicazione per le autorità di controllo aeroportuale. La ricercatrice ritiene che incidenti dovuti al traffico aereo sempre più congestionato potranno esser notevolmente ridotti nel prossimo futuro.
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna del 5 dicembre 2013
Per approfondimenti: www.phodir.eu – www.cnit.it
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TECNOLOGIE PER I TRASPORTI
Ricercatori del VisLab, Laboratorio di Visione Artificiale e Sistemi Intelligenti dell’Università di Parma, testano BRAiVE, veicolo prototipo a guida autonoma
27.11.2013
Testo dell’articolo
Nel corso della conferenza, la presentazione di BRAiVE e delle funzionalità che permettono ai veicoli di muoversi senza guidatore è stata seguita da più di 700 persone in sala mentre la televisione danese TVS ha trasmesso in diretta l’intero evento. Questa dimostrazione su strada rappresenta un ulteriore importante momento di divulgazione delle ricerche condotte dal laboratorio VisLab dell’Università di Parma affermandone il rilievo a livello internazionale.
VISLAB
Il VisLab, Laboratorio di Visione Artificiale e Sistemi Intelligenti diretto dal Prof. Alberto Broggi, nasce a metà degli anni ’90 e da circa 15 anni si occupa di visione artificiale con particolare attenzione al campo della percezione dell’ambiente stradale tramite telecamere installate a bordo veicolo. Alcuni degli esperimenti portati a termine con successo dal VisLab sono considerati delle pietre miliari nella storia della robotica veicolare e della visione artificiale. Il gruppo è conosciuto dagli esperti del settore di tutto il mondo e conduce le sue ricerche in collaborazione con le principali industrie ed alcuni tra i più importanti centri di ricerca del settore automobilistico a livello internazionale. Dal 2009 il VisLab è diventato uno spin-off accademico dell’Università di Parma e si occupa non solo della ricerca di base ma anche del trasferimento delle tecnologie sviluppate a campi quali quelli industriale, marino ed agricolo.
Testo redatto su fonte VisLab del 25 novembre 2013
Image credit: VisLab
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NANOELETTRONICA
Studiati gli “isolanti topologici”, una particolare classe di nano-materiali che potenzialmente può rivoluzionare il settore della trasmissione di informazioni
02.11.2013
Testo dell’articolo
La ricerca si è concentrata sugli isolanti topologici, materiali che hanno proprietà di isolanti elettrici al loro interno, ma presentano, invece, caratteristiche metalliche sulla superficie. E’ stato investigato lo strato metallico dello spessore di pochi nanometri che si forma spontaneamente sulla superficie di separazione tra il materiale e il vuoto: su questa interfaccia si muovono elettroni senza massa, i cosiddetti elettroni di Dirac, che si sono dimostrati in grado di trasportare corrente elettrica in modo ottimale, superando le barriere della diffrazione e dell’attrito.
Lo studio, pubblicato su Nature Nanotechnology in “Observation of Dirac plasmons in a topological insulator“, ha permesso di superare un importante limite applicativo in quanto prefigura la possibilità di propagare corrente e segnali luminosi anche a temperatura ambiente. Nei metalli convenzionali, le proprietà delle onde plasmoniche a temperatura ambiente degradano fortemente per effetto degli urti degli elettroni nel materiale che li ospita. La ricerca dimostra invece che i plasmoni formati dagli elettroni di Dirac negli isolanti topologici non subiscono effetti di degradazione delle loro proprietà e possono propagarsi anche a temperatura ambiente: una scoperta che può potenzialmente rivoluzionare il settore della trasmissione di informazioni.
Testo redatto su fonte CNR del 30 ottobre 2013
Per approfondimenti: Observation of Dirac plasmons in a topological insulator – Nature Nanotechnology | 21.07.2013
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TECNOLOGIE PER LA RICERCA
Riconosciuta “l’eccellenza nella collaborazione industriale” delle aziende italiane per il contributo apportato nella costruzione del Large Hadron Collider (LHC)
19.10.1013
Testo dell’articolo
Le aziende coinvolte hanno contribuito alla realizzazione di parti importanti e di tecnologia avanzata dei rivelatori dei due esperimenti e della macchina acceleratrice, in particolare i magneti superconduttori, l’elettronica, l’assemblaggio meccanico e la produzione e installazione di cavi speciali.
Sono molti anni del resto che l’Italia è tra i più forti fornitori delle commesse del CERN che valuta annualmente il ritorno industriale per ciascun paese membro mediante un coefficiente che è determinato dal rapporto tra la percentuale del valore delle commesse aggiudicate e la percentuale del contributo del paese al finanziamento totale. Il nostro paese ha sempre avuto un coefficiente di ritorno industriale nettamente favorevole. Dal 1995 al 2008, negli anni cruciali della costruzione di LHC, si è qualificata come terzo paese fornitore in assoluto, con l’assegnazione di commesse per 337 milioni di euro.
“Un piccolo riconoscimento per un grande contributo – ha dichiarato il presidente INFN Fernando Ferroni – che dimostra la vitalità delle aziende italiane che lavorano alla frontiera dell’innovazione tecnologica. L’INFN ha un ruolo determinante sia nel trasferimento delle commesse che nel trasferimento tecnologico. E in questi anni sono state numerose le aziende italiane, soprattutto medio piccole, che hanno cambiato la propria storia industriale grazie all’incontro con la fisica delle alte energie.”
“Questo riconoscimento premia il lavoro dei 200 tecnici di ASG, che lavorano nella nostra filiera italiana della superconduttività.” – ha dichiarato Vincenzo Giori Amministratore Delegato di ASG Superconductors, società della famiglia Malacalza – “Noi siamo impegnati nel costante sviluppo delle nostre competenze tecnologiche e capacità produttive: dal 2010 sono stati investiti oltre 50 milioni di euro in nuovi stabilimenti e attrezzature. Tali competenze ci permettono anche di sviluppare applicazioni con ricadute industriali: realizziamo magneti superconduttivi per l’ottimizzazione delle reti elettriche e per le applicazioni medicali con le controllate Columbus Superconductors (cavo superconduttivo in MgB2 per la trasmissione di energia) e Paramed Medical System (risonanza magnetica anticlaustrofobia e cryogen free)”.
“La scoperta del bosone di Higgs è stata una grande conferma che ha reso orgogliosi tutti quelli che hanno partecipato a questa difficile sfida – ha dichiarato il presidente di CAEN Marcello Givoletti – CAEN dopo oltre 30 anni di impegno nel campo della strumentazione elettronica per la Ricerca della Fisica delle particelle è orgogliosa di aver potuto dare un contributo a questa storica impresa internazionale che conferma l’eccellenza Italiana”.
Testo redatto su fonte INFN del 17 ottobre 2013
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